Roberto Sanseverino contro Cicco Simonetta
Roberto Sanseverino a Zaccaria Saggi - gennaio 1477
Crisi di potere alla corte sforzesca
Nel gennaio del 1477, il Ducato di Milano si trovava in una fase estremamente fragile. La morte violenta di Galeazzo Maria Sforza, avvenuta nel dicembre dell’anno precedente, aveva lasciato il governo in mano alla consorte Bona di Savoia, reggente per il figlio minorenne Gian Galeazzo Maria. Ma il vero fulcro del potere restava nelle mani di Cicco Simonetta, segretario ducale e mente amministrativa dello Stato sin dai tempi di Francesco Sforza.
Simonetta, forte della propria esperienza e dell’influenza su una parte consistente della burocrazia e della corte, appariva inamovibile. Tuttavia, l’opposizione al suo potere si stava rapidamente consolidando. Tra i nomi più illustri a guidare il dissenso spiccava Roberto da Sanseverino, capitano generale del ducato e figura carismatica della fazione militare. Con la sua voce autorevole, si fece interprete del crescente malcontento che serpeggiava tra i ranghi dell’aristocrazia e degli uomini d’arme, stanchi di un governo percepito come sempre più chiuso, arrogante e accentratore.
Sanseverino manifestò apertamente la sua ostilità durante un colloquio con Zaccaria Saggi, ambasciatore del marchese Ludovico III Gonzaga, luogotenente generale del ducato. Non esitò a denunciare la stretta oligarchia creata da Simonetta, accusandolo insieme a Giovanni da Scipione, Pietro Francesco Visconti e Orfeo da Ricavo di voler governare da soli, trattando gli altri come bestie.
Il condottiero fu categorico nel rivolgersi a Saggi: il marchese non doveva tentare alcuna mediazione in favore di Simonetta, perché ciò avrebbe attirato l’odio della città e il discredito degli uomini d’onore. Quando l’oratore cercò di rassicurarlo sulle buone intenzioni del marchese, Sanseverino fu netto: fintanto che Simonetta rimaneva al potere, ogni trattativa era priva di senso.
A rafforzare la posizione di Sanseverino la sicurezza di avere l'appoggio determinante dei fratelli del defunto duca, Ludovico e Sforza Maria Sforza, decisi a ridurre l’influenza del segretario per ritagliarsi un ruolo di primo piano nella nuova fase politica. Il loro sostegno dava al condottiero una sorta di legittimità politica.
Tuttavia, anche tra i suoi oppositori, nessuno poteva negare una verità scomoda: Cicco Simonetta, per quanto inviso, era ancora una figura imprescindibile per il buon funzionamento dello Stato. La sua competenza, la conoscenza capillare delle finanze, delle alleanze e delle dinamiche interne lo rendevano un pilastro difficile da rimuovere senza conseguenze.
Quella che andava profilandosi era una lotta per il controllo del ducato, tra l’autorità reggente di Bona di Savoia sostenuta da Simonetta e la crescente pressione di una coalizione aristocratica guidata dai fratelli Sforza che otteneva l’appoggio militare del Sanseverino.
La tensione esplosa in quei giorni milanesi sarebbe poi sfociata in una lunga guerra prima politica e poi militae, che nel giro di due anni avrebbe portato alla caduta e alla morte di Cicco Simonetta, e all’ascesa al potere di Ludovico il Moro, destinato a diventare uno dei protagonisti assoluti della storia rinascimentale italiana.
E Roberto da Sanseverino?
Scoprite come andò leggendo il libro di Eugenio Larosa, “Roberto Sanseverino.Condottiero del Rinascimento italiano tra arte militare e politica”
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